Qualche giorno fa, dal parrucchiere, leggevo Grazia e mi
sono imbattuta in un articolo di un tal Raul Montanari in cui il signore, con
la presupponenza tipica di chi parla senza cognizione di causa, sosteneva che
gli uomini, al’inizio di una storia, pensano solo al sesso mentre le donne ad
un futuro insieme. Ohibò, mi sono detta, il più trito e ritrito dei clichès in
una rivista femminile che si vanta di essere moderna, progressista, glamour? Ho
ricontrollato la copertina, magari mi ero sbagliata e stavo sfogliando Burda o
Grand Hotel. Invece no! Era proprio Grazia. Il Montanari sosteneva che gli
uomini riescono perfettamente a farsi una storia che abbia come unico fine il
sesso, mentre le donne no, pensano comunque a ciò che avverrà dopo, che sia una
cena, una vacanza, un figlio, ma comunque già pianificano un futuro insieme. A
sostegno di questa sua illuminatissima tesi, la storia di una sua amica che per
l’ennesima volta, già alla prima uscita, si imparanoiava sul prosieguo e futuri
sviluppi della frequentazione. Opperò, una donna assunta a modello assoluto di
comportamenti generalizzati femminili…
il signor Montanari non è un gran sociologo, mi sa. Gli consiglierei una
full-immersion di tutta la serie Sex & the City – ho il cofanetto completo
se gli occorre. Oppure lo inviterei ad una delle mie cene tra amiche e magari
si può fare un’idea di come vanno le cose. Imparerebbe, ad esempio, che se gli
ometti, alla prima uscita, ti considerano come due tette e un culo che, sorprendentemente,
esprimono concetti articolati, anche per
noi femminucce, soprattutto circa40enni, alcuni fanciulli sono interessanti
solo se immaginati in posizione orizzontale e spesso passi la cena in attesa di
ciò che avverrà dopo. Se poi la cosa è stata all’altezza delle aspettative, non
è affatto automatico che tu già te lo figuri a spingere un passeggino o
accompagnarti a fare shopping o comprare casa insieme. Anzi. Pensi al massimo
all’uscita successiva, proprio come il maschio. E non c’è nulla di male in
questo. Altre volte, accade l’esatto contrario. Eh sì, il signor Montanari
rimarrà traumatizzato, ma potrei fargli leggere sms di uomini che ti accusano
di scarsa sensibilità, menefreghismo, disinteresse, o addirittura (udite,
udite!!) di averli usati solo per il sesso. Non parlo solo di me, ma anche di
svariate amiche. Certi stereotipi maschilisti vogliono farci credere che ci
siamo emancipate nel modo sbagliato, scambiando la libertà sessuale per progresso,
e abbiamo preso il peggio dei comportamenti maschili, e bla bla bla. In realtà,
da sempre, agli uomini la libertà sessuale femminile fa molta paura, e usano
ogni sorta di luogo comune per scoraggiarci. Credeteci, se innamorate o
coinvolte (o molto molto sceme come
l’amica del signor Montanari) siamo sempre le solite rompipalle che
pianificano e prenotano già la vacanza al mare ecc ecc. Altrimenti, spiacenti,
ma al massimo riusciamo ad impegnarci per il prossimo aperitivo. Con o senza
cena. Con o senza dopocena. E se va, va, altrimenti… NEEEXT!
il mio blog sul mondo dei nati tra la metà degli anni 60 e la fine degli anni 70... riflessioni, consigli, analisi di una generazione un po' a metà.
domenica 29 aprile 2012
domenica 15 aprile 2012
una nuova vita?
Quando ci si sofferma a fare dei bilanci sono guai. Spesso è
foriero di pensieri autocommiseranti per la maggior parte delle persone. Poi è
inutile, perché solo poche volte spinge a fare davvero qualcosa se il bilancio
è negativo. L’altra sera, con due cari amici miei coetanei, si parlava
(complice un buon champagnino preso alla Metro) dei circa40anni e della nostra
inquietudine, insoddisfazione, e smarrimento. Siamo nati nel decennio degli
anni di piombo ma anche delle enormi speranze per il futuro; figli di genitori
che, nati magari poveri, hanno saputo, con lavoro e sacrificio, farsi una
posizione, una casa e un conticino in banca; siamo cresciuti negli anni 80,
boom economico, consumismo e illusioni di crescita senza fine. Ci è stato
trasmesso il mito del posto fisso, di una carriera stabile, dell’ ‘Evita il
rischio, non avere grilli per la testa’.. .E ci ritroviamo ora, sì è vero, col
posto fisso e senza grilli per la testa ma anche profondamente insoddisfatti; e
per poterci realizzare il mondo di oggi ci vorrebbe invece creativi, ultraflessibili,
un po’ incoscienti e sufficientemente visionari. Da qui il dilemma. Come fare
per realizzarci? A quasi40anni si può ancora fanculare tutto e provare a
sovvertire la tua vita piattamente assestata su binari casa-lavoro?
Non so,
fare un figlio, o provare a cambiare Paese, o mettere in pratica quel progetto
che custodisci da tanto tempo nel cassetto? Manca il coraggio o solo la
flessibilità mentale? Non so fino a che punto riuscirei a prendere decisioni
senza avere sensi di colpa o paura del fallimento, o di fare una gran figura di
merda. Eppure io mi ci vedrei così bene ad aprire una champagneria a
Parigi vivendo in una micro mansardina col
mio compagno, oppure a fare formaggi o allevare capre in alto adige, mentre il mio lui che so, fa la guardia forestale…
dev’essere un po’ di sindrome da baita di heidi e me la porterò dietro finchè
crepo. È giusto rinunciare a tutti i sogni o rimandarli ad un futuro non meglio
identificato quando (quando??? SE!) saremo in pensione? Poi ci sono quelle
minchiosissime trasmissioni tipo ‘Voglio vivere così’ che, in teoria,
dovrebbero dare a noi circa40enni inquieti ed insoddisfatti degli spunti x
cambiare la nostra vita e ricominciare daccapo (‘cambio casa, cambio vita’).
Peccato che i protagonisti siano tutti degli ex supermanagers, ex
iper-imprenditori o più semplicemente annoiati milionari figli di papà x i
quali comprare una masseria in Puglia o ristrutturare il castello di famiglia
nelle Langhe o riconventire un borgo nei colli toscani non x è un cazzo
rischioso – quando hai il culo parato, vi assicuro, puoi anche decidere di
allevare alpaca a Pavia o api a Forte
dei Marmi o aprire un atelier di quadri astratti nell’Aspromonte e se ti va
male, tutt’al più è il tuo orgoglio ad uscirne ferito. Pazienza- Eppure… eppure. In tempi di crisi credo sia
fondamentale conservare una luce, una visionarietà, una sorta di folle guizzo
vitale che ti possa permettere di guardare al tuo grigio quotidiano lavorativo
con un po’ di distacco. Arriverà il momento, l’idea, l’opportunità. La mia
baita mi aspetta, così come la capretta Fiocco di Neve. Non vorrò mai più
sentire le parole budget marketing nota spese ma solo BEEEEE, il ribollire del
latte nel paiolo e il tic tac dei miei ferri da calza. A proposito, a qualcuno
interesserebbe del formaggio altoatesino?
domenica 1 aprile 2012
A volte ritornano
Dai che è capitato anche a voi. Avete presente quelle
frequentazioni-boomerang? Cioè quelle che tu credi di aver concluso, a volte brutalmente,
altre con eleganza - e talvolta con
ambiguità. In quest’ultimo caso credo sia anche comprensibile che uno non
accetti o non comprenda bene la fine della relazione e cerchi di riprendere le
fila del discorso… ma negli altri casi, appunto, tu CREDI di aver chiuso.
L’altra persona invece no. Non si capacita. Magari sparisce, risentito, per
lunghi periodi, per poi ritornarti addosso (come un boomerang, appunto) quando
tu meno te l’aspetti. Non parlo dei casi patologici da stalking, ovvio, ma della
‘normalità’ di certi rapporti che sembrano avere l’elastico . Innanzitutto sono
le storie finite dopo poco, o che a noi non sembravano poi così importanti, ad
avere solitamente questi colpi di coda inspiegabili. (Credo d’altro canto sia
normale, se un a relazione finisce dopo anni, che per un po’ si fatichi a
rassegnarsi alla perdita di certe consuetudini, o solo ad avere di fianco
l’ex-amato, e si cerchi di tenere ancora i contatti, e questo non è un
rapporto-boomerang ma altra cosa). Ci sono soggetti che, finito un rapporto
breve / leggero, sembrano tramutarsi in un punto interrogativo vivente (‘e se
avessi detto quella cosa? E se avessi fatto così? E se la chiamassi? E se le
mandassi dei fiori? E se le facessi una dichiarazione su Facebook? E se ogni
mattina alla stessa ora le faccessi arrivare un dolce buongiorno tesorino buona
giornata batuffolina via sms??’ ) e la loro vita, nelle settimane, ma più
spesso nei mesi dopo la fine della storia, è tutta in funzione della
riconquista della fuggiasca, cioè voi. Eppure quando vi frequentavate mica
sembravano così presi. Facevano i vaghi. Sembravano distratti. Quando avete
deciso di troncare non parevano nemmeno poi così dispiaciuti. E qui viene il
bello. Dopo qualche giorno voi siete ormai dimentiche e tranquille, e vi arriva
un sms, del tipo ‘ciao come stai? È da TANTO che non ci sentiamo’ (passati 3
dico 3 giorni…??). Ovvio, rispondete x educazione e anche perché in fondo vi fa
piacere. Da lì, VALANGA di sms – e attenzione! Se saltate la risposta anche
solo ad uno, si triplicano i suoi! Un po’ come l’uccellino blu di angry birds.
Finchè, esasperate, non lo mandate a cagare, ovviamente con classe ed
educazione. Lui la classe ed educazione le prende per uno spiraglio di
speranza, e quindi il giorno dopo vi arriverà puntualissimo il suo BUONGIORNO.
Il buongiorno nei rapporti boomerang è un rito irrinunciabile. Vi lavate i
denti, o bevete un caffè e il suo ‘buongiorno’ rovina il vostro. A seguire, le
TELEFONATE NOTTURNE ANONIME MUTE. Che possono andare avanti mesi, e credo siano
collegate al tasso alcoolico del citrullo, e francamente non ne capisco
l’utilità visto che 3 volte su 4 non rispondete, se lo fate lui non si
manifesta e se siete mezze addormentate non ve ne ricordate neppure. Ma tant’è.
Loro lo fanno. Cosa contraddistingue questi atteggiamenti dal vero stalking?
Che innanzitutto sono innoqui. E poi non ci sono dei crescendo in intensità o
violenza; infine, che sono a intervalli. Per un po’ i tipi tornano in sé,
superano la propria pseudo ossessione e scompaiono. Ma dopo 5 o 6 mesi – ZAPUM!
Ecco il boomerang (magari vi hanno intravista al bar o hanno sentito una
canzone o hanno incontrato un’altra che ha la stessa macchina). E riparte l’sms
il buongiorno il ciao tesoro su Facebook la telefonata di circostanza la
valanga di sms le telefonate notturne. Finirà? Ma sì, basta fidanzarsi, per
davvero o per finta. 9 volte su 10 si rassegnano; ma a volte, come nel libro di
Stephen King, ritornano.
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